Il Racconto di Ferdinando
- Scout GENOVA 100
- 16 set 2022
- Tempo di lettura: 3 min
I terreni dove oggi sorge il quartiere Valtorbella erano di proprietà della Contessa Pallavicini e al di là di un ruscello, ora intubato, anche di un nobile, tal Cipollina. Già da prima della seconda guerra mondiale, ed ancora per qualche decennio, c'erano coltivazioni ricavate sui pendii, soprattutto vigne: i contadini erano al servizio della Pallavicini che, quasi mai presente, riscuoteva il ricavato delle vendite dei prodotti della terra e controllava le coltivazioni tramite un fattore che regolarmente si recava sulle alture a controllare severamente l'operato dei contadini. Tra l'odierna Parrocchia di S.Croce e Maria Ausiliatrice e il campo da calcio sorge una tenuta appartenuta proprio alla famiglia Pallavicini, dotata anche di una piccola cappella, un tempo servita da alcuni frati che officiavano per la nobile famiglia, anch'essa ancora esistente (con tetto ricostruito) nella quale c'è il decoro a stucco sul quale era appeso un quadro di un non meglio noto S.Pantaleo, opera trafugata nella confusione dell'immediato dopoguerra. Quella zona e le famiglie che vi abitavano, tra le quali quella del Signor Ferdinando, da cui ho raccolto queste informazioni, avevano infatti il nome di 'Pantalei'; altre famiglie, che per lungo tempo avevano abitato alcune zone del quartiere avevano assunto negli anni particolari nomi, per esempio i Galli, le cui abitazioni, ancora in piedi sono raggiungibili percorrendo il viottolo, oggi chiuso da un cancello che si imbocca subito dopo la cosiddetta “curva del cimitero” che nell'immaginario collettivo (e anche del signor Ferdinando è una brutta curva, forse ancor più per il luogo che le fa da sfondo). Lungo la strada che sovrasta la Parrocchia si può vedere una casa gialla, di recente ristrutturata, proprietà in passato della famiglia 'dei Montoggi', provenienti da Montoggio. Prima della costruzione dei grandi palazzi e della rapida crescita edilizia del quartiere Ferdinando racconta che oltre alle coltivazioni e alle case dei contadini si trovavano solo ville, non c'erano strade carrabili, se non quella che serviva il cimitero, collegandolo con Rivarolo; spesso F. portava il latte, con carretti o a spalla ai parenti giù a Rivarolo. Dietro il cimitero sorgeva una lavanderia, il Torbella formava piccoli laghetti, tra i quali il 'lago d'Apparizione' nei quali i ragazzi andavano spesso a tuffarsi. Ai piedi della Parrocchia, dove ora passa l'autostrada con la galleria il terreno fu sbancato e con esso fu creato il piano su cui venne costruito il campo da calcio; Ferdinando ricorda che per far passare la 'bertella' autostradale i terreni e le case dovettero essere venduti o demolite e si fece senza molti convenevoli. Proprio ai bordi dell'odierna autostrada esisteva un pozzo molto profondo, al livello del terreno, questo ed altri erano molto pericolosi perché aperti e non segnalati e Ferdinando li ricorda più volte, come uno spauracchio. Il primo grande palazzo ad essere costruito dalla ditta Gambino fu quello che sovrasta i Broxi, da lì il cemento risalì, casa dopo casa; uno degli ultimi ad essere costruiti è il complesso 'dei tre pini': questo nome deriva dal fatto che inizialmente i progettisti pensavano di abbattere i tre alberi secolari per costruire, ma poi si decise di lasciarli intatti; il palazzo infatti sorge a fianco degli alberi, visibili e riconoscibili anche da molto lontano. Sui Broxi Ferdinando ricorda che lui e altri uomini del posto avevano costruito il campo da bocce che oggi, nonostante tentativi di recupero, è invaso dalla vegetazione; spesso si ritrovavano lì a giocare e a bere vino bianco; quando poi nacque la piazzetta e il circolo si trasferirono lì. Di Don Lino non parla molto, dice che era un gran lavoratore e che era molto amato.
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